Viaggio in Colombia: la Cartagena di Gabriel García Márquez

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Una chiesa nel quartiere di Getsemanì (foto: Flickr/pocius)

Una chiesa nel quartiere di Getsemanì (foto: Flickr/pocius)

“Vedrai, a Cartagena de Indias ogni cosa è diversa. Questa solitudine senza tristezza, questo oceano incessante, questa immensa sensazione di essere arrivato”. Il legame tra Cartagena e il premio Nobel Gabriel García Márquez non è molto nota, eppure è stato un capitolo importante, anche se breve, nella vita dello scrittore. Márquez, allora studente squattrinato, arrivò da Bogotà a Cartagena nel 1948. In seguito, tutta la sua famiglia si trasferì nella città della Colombia, ma anche se lui ben presto se ne ripartì, ancora oggi vi possiede una casa, dove spesso vi passa l’inverno. In città non ci sono targhe o musei che ricordano la presenza di Márquez, ma basta passeggiare per la città per incappare nei luoghi che hanno ispirato i suoi romanzi.

Si può partire da Plaza Fernández de Madrid, immortalata, sotto il nome di Parco dei Vangeli, nelle pagine de L’amore ai tempi del colera, dove su una panchina il protagonista Florentino Ariza attende ogni giorno il passaggio dell’amata Fermina Daza. E anche la casa dove Fermina è cresciuta non è del tutto inventata. Secondo i cultori la si può riconoscere nella casa bianca il cui balcone, al secondo piano, si affaccia sul lato orientale della piazza, e un pappagallo di ferro funge da batacchio della porta. Ma un altro luogo di Cartagena in cui Márquez ha trovato ispirazione è Plaza Bolívar, nel cuore della città vecchia. Su un lato di questa piazza si trova un colonnato, l’Arcata degli Scribi nella finzione narrativa.

Sotto il bar El Coro dell’hotel Sofitel si trova la piccola e nascosta cripta, teatro di Dell’amore e di altri demoni (oggi ospita concerti afro-cubani e serate di balli latino-americani), mentre al quartiere di Getsemaní c’è ancora il Café Havana (calle de la Media Luna con Guerrero) descritto da Márquez in tanti libri. A questo punto, non resta che cercare gli indizi della vita reale del Premio Nobel a Cartagena. Magari partendo dalla casa dell’autore. Si trova ai margini della città vecchia, nel quartiere di San Diego, di fronte al mare. Si tratta di un vero atto di sovversione architettonica, raro in una città in cui le case tendono tutte a somigliarsi. Non una casa in stile coloniale spagnolo, dunque, ma una dimora modernista.

Davanti alla casa di García Márquez c’è l’albergo Sofitel Santa Clara, dove si dice che lo scrittore ogni tanto vi ordini un bicchierino. A pranzo, invece, lo si vede a La Vitrola (Calle Baloco 2), ristorante del centro storico che offre una cucina dalle forti influenze cubane. Ma se il sogno è quello di incontrare l’autore di Cent’anni di solitudine per farsi autografare la copia che si custodisce gelosamente, l’appuntamento è con l’Hay Festival Cartagena de Indias (che si tiene in gennaio), calendario di eventi, incentrati sui libri e l’arte, organizzato dallo stesso Márquez insieme a Carlos Fuentes.

Lascia un commento